Fuochi Accesi a Crema!

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Fuochi Accesi a Crema!

Non un vaso da riempire ma un fuoco da accendere: questa è la mente umana, per lo scrittore greco Plutarco. E in particolar modo lo è quella dei giovani, come coloro che a vario titolo vivono quotidianamente l’esperienza dell’educazione possono ampiamente testimoniare.

È stato questo lo spunto di riflessione da cui ha preso le mosse l’incontro di presentazione del libro “Fuochi accesi”, che si è tenuto sabato 21 gennaio alle 17.30 in Sala Alessandrini a Crema. Presenti all’incontro l’autore del volume, Davide Perillo, la dirigente dell’Istituto Galilei di Crema, Paola Orini, e il presidente dell’associazione Portofranco di Milano, Alberto Bonfanti.

E proprio la vita dell’associazione Portofranco, che si occupa di fornire gratuitamente aiuto allo studio per ragazzi delle scuole superiori e a cui il volume “Fuochi accesi” è dedicato, è stata al centro dell’incontro. Come messo in luce dalla moderatrice Monica Bandirali, coordinatrice dell’associazione Porto Palos, che svolge nella città di Crema la medesima attività, il tema “dell’emergenza educativa e della dispersione scolastica è particolarmente sentito oggi”; ma, al tempo stesso, “i ragazzi non possono essere guardati solo partendo dal loro disagio, bensì dal loro desiderio più grande, che è quello di essere felici”. Una riflessione condivisa dall’assessore alla Cultura del Comune di Crema, Giorgio Cardile, che nel saluto introduttivo ha ricordato come “non si debba puntare il dito contro i ragazzi, ma al contrario farsi domande e capire cosa fare per rispondere alle loro esigenze”.

Paola Orini, partendo proprio dal contenuto del volume “Fuochi accesi”, ha parlato di “un testo che, più che di idee e concetti, è fatto di carne e sangue. Ci sono, certamente, le idee: ma non si parte dalle teorie, bensì da esperienze e incontri. Incontri in cui da una gratuità nascono grandi storie, pur dentro situazioni di difficoltà anche estrema”. E la “matrice cristiana” al centro del libro “non solo non è ostacolo allincontro con esperienze diverse, ma anzi una fonte di arricchimento”.

Alberto Bonfanti, che, oltre ad essere presidente dell’associazione, è anche docente di storia e filosofia, ha parlato di Portofranco ripartendo dall’origine: “Ricordo benissimo quella cena, nel 2000, quando don Giorgio Pontiggia, rettore dell’Istituto Sacro Cuore di Milano, con il suo temperamento impetuoso espresse tutta la sua rabbia per la notizia di un prete che aveva creato una discoteca nell’oratorio”. Il punto, diceva, non è dare un contentino ai ragazzi, ma “partire dal loro bisogno: hanno bisogno di imparare, e noi educatori dobbiamo trasmettere il gusto dello studio e della conoscenza”.

Un’intuizione geniale che viene confermata ogni giorno, e che è stata ben dettagliata, ha riportato Bonfanti, dal presidente della Cei, Cardinal Zuppi: “A Portofranco si vede che il prossimo non è una categoria, ma una persona”.

L’autore del volume, Davide Perillo, è partito dalla domanda che lo ha spinto a scrivere il libro: “Cosa cercavo scrivendo di Portofranco? Non solo parlare della vita di un’associazione, ma soprattutto di sentirmi interpellato io in prima persona, coinvolto direttamente. Il bisogno enorme che i ragazzi riversano nella loro vita non è solo una dinamica sociologica, ma qualcosa che, appunto, ci interpella”. Elemento centrale nel libro sono i tanti racconti: “In questa realtà accadono fatti, dove si vedono persone rifiorire. E non c’è spettacolo migliore”. Un esempio su tutti: “Un ragazzo di nome Momo, che si presentò a Portofranco avendo con sè una spranga da utilizzare per le risse. Poco tempo dopo è entrato nello staff dell’associazione e, pur essendo musulmano, ha anche partecipato agli eventi religiosi che sono stati organizzati”.

In sintesi, a Portofranco “i ragazzi scoprono lautostima, la loro misura reale, e lavventura delleducazione è racchiusa qui dentro”. Il tutto “dentro all’esperienza del cristianesimo, che esiste proprio per questo: perché lumanità si possa accendere”.

di Rossano Salini

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