Tra gratitudine e responsabilità. La giornata di inizio anno di Portofranco.

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Tra gratitudine e responsabilità. La giornata di inizio anno di Portofranco.

Ripercorriamo la Giornata d’inizio d’anno di Portofranco, perché è importante ricordarla, “lavorarci su” e soprattutto farci interrogare dalle domande ancora più che dalle risposte.
Quaranta centri di Portofranco Italia si sono collegati, oltre a chi partecipava in presenza. Ad aiutarci, insieme ad Alberto Bonfanti, è intervenuto Francesco Cassese, detto “Camu“, responsabile di Comunione e Liberazione della Lombardia, segno della stima che il movimento nutre per l’esperienza di Portofranco.

Alberto ha iniziato l’assemblea ricordando l’anno trascorso, intenso, denso di eventi che, se rendono grati del cammino compiuto, non smettono di interrogarci sul cammino futuro: le due assemblee con Davide Prosperi e il Cardinale Zuppi, l’incontro con Papa Francesco del 15 ottobre 2022 e la testimonianza di Hassina in Piazza San Pietro, l’onorificenza che il  Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha consegnato il 21 marzo 2023 a Portofranco tutta, nelle mani del nostro presidente, e infine l’esperienza della mostra al Meeting di Rimini, “Da solo non basto. In viaggio con i ragazzi di Kayròs, Portofranco e Piazza dei mestieri.”.

Due erano gli spunti della discussione, derivati dalle precedenti assemblee:

  1. Davide Prosperi: … che ci sia uno che si spende per qualcosa che magari il ragazzo stesso sente con fatica, con distanza, comincia a farne percepire il valore anche al ragazzo, che inizia a scoprire di avere lui stesso un valore.
  2. Cardinale Zuppi: … il mantra è “mi raccomando, essere padroni di sé”, ed è curioso, che poi in verità diventa tanta fragilità, diventa non sapere chi si è … invece un ragazzo quando incontra voi incontra uno sguardo in cui si ritrova.

Subito sono iniziati i contributi, che per ragioni di spazio riassumeremo, alcuni, non tutti, tentando però di salvarne la sostanza, il distillato da trattenere.

Paola di Monza: “(…) come faccio a mantenere sempre su questi ragazzi lo sguardo con cui li guarda Dio? Il mio sguardo su di loro non può essere determinato da una risposta (…) cosa ci aiuta a mantenere uno sguardo sull’altro che lo accolga tutto nella sua diversità?”.

Camu: “(…) noi cosa ci aspettiamo da un’esperienza come Portofranco? Qual è lo scopo di Portofranco?”.

Gabriella di Lugo: “Una cena, cui abbiamo tutti partecipato. … molti di noi avevano vissuto il dramma dell’alluvione, ma protagonista della serata non è stata la forza devastatrice dell’acqua, ma quell’onda di bene che il nostro cuore desidera e che abbiamo tutti sperimentato e che ci siamo raccontati (…) la nostra natura ci dà l’esigenza di interessarci agli altri e tale esigenza è talmente originale che è in noi prima ancora che ne siamo coscienti. Questa è l’esperienza di Portofranco (…)”.

Camu: “perché facciamo Portofranco? Nel libretto su “Il senso della caritativa” don Giussani scriveva che l’esigenza di interessarci agli altri è legge dell’esistenza. Noi veniamo a Portofranco per questa esigenza. Noi siamo qui per noi. Quel libretto è più moderno adesso di quanto non lo fosse quando è stato scritto, perché oggi abbiamo a che fare con uno scoglio culturale (…). Abbiamo una difficoltà a uscire da noi. La ragione che genera un’apertura è diventata una gabbia. Facciamo sempre più fatica a uscire e incontrare l’altro. L’oggi è dominato infatti dalla mentalità della performance, della prestazione, in cui non ci sono più obblighi o doveri se non quello di innalzare sé stessi, fare soldi, affermarsi socialmente, dimostrando di essere qualcuno che sa fare la differenza (…), Anche il nostro potrebbe essere un progetto da plasmare. Ogni tanto nel mio lavoro in azienda ho l’impressione che siamo tutti in corsa per soddisfare la nostra esigenza di felicità, ma non abbiamo capito che stiamo remando in senso contrario. È rivoluzionario invece che la nostra esigenza di felicità significhi affermare l’altro, aprirsi all’altro. Dio sa che l’uomo è fatto per la felicità, noi siamo qui tutti perché vogliamo essere felici, non abbiamo il problema di voler fare del bene. Dio ha una pietà per l’uomo piena di ragione. Porto – franco, se separi le parole, significa una zona in cui la merce non paga la dogana, dove le tasse non si pagano e dove i ragazzi sono colpiti perché si sentono guardati con questa gratuità, dove anche noi siamo oggetto di gratuità. Noi siamo qui per noi, perché desideriamo essere felici. Ma, se nessuno paga, chi è che paga a Portofranco? C’è qualcuno che anticipa tutto.”.

Maurizio dall’Umbria: “(…) Un ragazzo del PCTO ci ha scritto: Portofranco non giudica i ragazzi, ma affianca e accompagna (…) insegnare agli altri è un modo per insegnare sempre a se stessi (…). Una ragazza di quinta ha deciso di iscriversi a Lettere, per la passione sperimentata durante le lezioni a Portofranco. Delle loro testimonianze ci stupisce la sproporzione tra quello che i ragazzi sperimentano e la semplicità del gesto che proponiamo loro, due ore di lezione a settimana (…) evidentemente tali risultati non scaturiscono dalle nostre capacità o da particolari tecniche pedagogiche, ma dallo sguardo che abbiamo nei loro confronti (…) come aiutarci a mantenere questo sguardo che è all’origine di Portofranco?”-

Francesco di Palermo: “Portofranco è sempre stato una lotta per me, sia per il tempo, quand’ero all’università, sia per la mia salute, sempre precaria in questi 10 anni, ma non mi sono mai pentito (…). Portofranco mi ha fatto capire cosa potevo e soprattutto cosa volevo fare della mia vita, a trovare la mia strada nel mondo come professore (…)”.

Camu: “per capire ci vuole un’energia affettiva, non accade nulla da una semplice riflessione, c’è uno spazio, c’è un tempo (…) nel libretto della caritativa Giussani scrive che non basta sapere per capire, occorre fare. Il Signore dice: a me interessa che tu desideri essere felice e questo desiderio si esprime nel fatto che noi diamo del tempo. Quando uno ama veramente, in realtà spera di fare qualche sacrificio per la persona amata. Approfondiamo quello sguardo anzitutto dando il nostro tempo, domandandoci sempre però con chi e per chi (…) un ragazzo brasiliano conosciuto quest’estate mi ha detto che dentro l’esperienza di gratuità è nata anche una creatività all’interno del suo lavoro. Noi possiamo avere un punto che diventa un angolo di apertura a tutto il mondo. Se noi impariamo delle cose qui, a un certo punto diventa mentalità tutto quello che facciamo, ma, se non le impariamo qui queste cose, dove speriamo di poterle imparare? Se non impariamo qui il segreto della vita, cioè la possibilità di affermare l’altro per affermare me, dove vuoi che lo impariamo? Le cose più preziose che ho imparato per il mio lavoro, le ho imparate nel luogo affettivo delle mie amicizie più prossime e che poi sono diventate prassi, mentalità nel mio lavoro. Se quanto impariamo qui è vero, diventa un punto di apertura, di abbraccio e di intelligenza anche fuori. Fuori diventa la verifica di ciò che impariamo qui. Questo non è un punto dove assorbiamo un dovere morale, ma un punto in cui noi ci apriamo a tutto il mondo, impariamo. Siamo qui per imparare.”.

Francesco di Desio: “(…) una ragazza comunista, volontaria del PCTO, ha detto: a scuola ho imparato l’ansia da prestazione, mentre qui ho capito che la mia vita si deve giocare su un amore … Portofranco è come una clessidra, larga in alto con gli insegnanti pensionati, stretta al centro coi lavoratori, di nuovo larga in basso coi ragazzi (…)”.

Camu: “(…) questa clessidra, credo, deriva dal fatto che qui bisogna dare una mano al pomeriggio e quindi chi lavora sarebbe in difficoltà a partecipare (…) conoscendovi, ascoltandovi, in me è nato un desiderio grosso, che tutti possano partecipare a questa zona dove la somma non fa zero, perché non c’è qualcuno che dà e qualcuno che riceve, ma qua riceviamo tutti, a qualunque parte della clessidra apparteniamo: è un fiotto di gratuità  e di sovrabbondanza d’essere, di cui abbiamo ancora più bisogno, soprattutto quando siamo nell’agone lavorativo. Chi lavora in un’azienda, che possa partecipare a un’esperienza così, è oro ed è ciò di cui ha bisogno il mondo come possibilità di missione e testimonianza.”.

Alberto: “(…) tante aziende chiedono il volontariato sociale, il che può essere una moda, ma abbiamo incontrato persone che hanno iniziato col volontariato promosso dall’azienda, però poi hanno continuato indipendentemente, proprio perché ne hanno scoperto il valore umano (…)”.

Alberto di Chiavari: “(…) l’invito del Rotary agli amici di Lugo, l’invito di Giorgio Vittadini al Meeting a proporre la collaborazione di Portofranco alle scuole statali (…) val la pena coltivare rapporti così, c’entra col tenere conto di tutti i fattori della nostra esperienza?“.

Alberto: “(…) a Milano abbiamo iniziato ad impegnarci perché l’esperienza possa anche essere detta, comunicata e quindi essere occasione di giudizio e incontro per chiunque, anche per misurare in modo più scientifico l’efficacia del nostro intervento. Fin dagli inizi Don Giorgio ci diceva che, se un’esperienza è vera, è pubblica. Il Banco Alimentare esprime un giudizio sulla povertà, Portofranco può darlo sulla scuola (…)”.

Camu: “Voi quest’anno avete avuto un riconoscimento dal Presidente della Repubblica. Perché è successo questo adesso? Cosa ci chiede? È come se qualcuno vi avesse detto che voi avete qualcosa di interessante per tutti. Non avere la domanda aperta su questo è sbagliato; non sappiamo cosa implichi ancora, ma, se non ci facciamo questa domanda, c’è qualcosa che non stiamo cogliendo del reale.”.

Monica di Crema: “(…) un amico che lavora in azienda ha espresso il desiderio di partecipare a Portofranco. Allora abbiamo deciso di fare Porto Palos by night. E dunque si è formato un gruppo di ingegneri e informatici, che, una sera a settimana, vengono a far lezione. Un altro fatto di cui ci siamo accorti è che tanti nostri ragazzi, una volta diplomati, non continuano gli studi e, cercando lavoro, sono molto soli in questa ricerca. Anni fa c’era un’altra caritativa a Crema, di aiuto a trovare le offerte di lavoro. Siamo andati a cercarli per dire loro quanto stava accadendo a noi. Risultato è che quella caritativa è ricominciata (…)”.

Camu: “quando si vive la gratitudine di un luogo come questo, nasce anche una creatività. Se noi vivessimo un’esperienza un po’ angusta, non immagineremmo certo di estenderla ad altri … Porto Palos by night inizia a smarginare il profilo della clessidra (…) quando uno vive un’esperienza bella, vorrebbe che la potessero condividere tutti, da qui nasce la creatività, che a sua volta è segno di una vivezza dentro la realtà. Noi siamo figli di don Giussani e don Giorgio, persone che hanno speso tutta la vita per trovare forme e modalità perché questa sovrabbondanza potesse raggiungerci.  

La finiamo qui di raccontare, perché altrimenti l’articolo diventa una registrazione, che pure c’è, quella integrale, che si può guardare cliccando qui.
Chiediamo scusa a quanti non abbiamo nominato, chiediamo venia a Giuliana di Milano, Graziella di Varese, Luisa di Brescia, Enrica di Bologna, a coloro i cui interventi non abbiamo riportato, ma il nostro desiderio è ricordare l’essenziale e soprattutto le domande che hanno attraversato e poi, non a caso, concluso l’assemblea:

  • Perché è successo il riconoscimento del Presidente Mattarella?
  • Se tutti riceviamo, chi è a donare?

Dobbiamo proprio lavorarci, per approfondire le radici di Portofranco e vivere meglio il rapporto con la realtà, dopo un’assemblea che ha lasciato in noi il singolare connubio di gratitudine e responsabilità.

di Mario Triberti

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