La banalità del bene.

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La banalità del bene.

Quattro giorni a Pasturo, in Valsassina, a studiare coi maturandi. Per il secondo anno consecutivo alla Casa Raggio di Sole, ancora lì, tanto bene ci eravamo trovati l’anno passato.

Una cinquantina di persone, tra adulti e ragazzi, un numero variabile, a dire il vero, perché molti insegnanti volontari hanno fatto l’andirivieni tra Milano e Pasturo, fermandosi chi un giorno, chi due, chi tre. Dalla mattina al tramonto a studiare, ragazzi e adulti, con gli intervalli dei pasti, delle merende e delle notti.

Nulla di eclatante è successo, tutto normale, se non fosse che ragazzi che normalmente studiano poco, erano sorpresi di se stessi, per le quattro, cinque ore consecutive di studio vissute: “non ho mai studiato tanto matematica in vita mia!”, si sentiva dire da qualcuno. Niente di che, se non fosse per quelli che arrivavano da Milano, gratis, senza la garanzia che ci fosse qualcuno da aiutare, gratis, appunto, magari soltanto per condividere la giornata, come accade talvolta anche a Portofranco, quando il volontario c’è, è lì che aspetta, e il ragazzo no, magari non viene o non chiede: il massimo della gratuità.

Normale che di notte si dorma, ma c’è stato un gran silenzio, di notte, e chi frequenta i ragazzi delle superiori sa bene che non è affatto scontato che sia così.

Tutto normale, come le nostre serate, durante le quali abbiamo giocato e cantato e non è mancato nessuno. Niente di che, non c’è niente di che nel cantare insieme, nientemeno, “Un ciodo de fero vecio” o “La Santa Caterina”, ma è il modo che conta. Il banale può essere abitato, la cosa piccola può essere grande.

Il terzo giorno sono arrivati tre universitari per raccontare l’esperienza loro, del passaggio dalla scuola superiore all’università, della scelta e della verifica della scelta e prima sono stati impegnati dai ragazzi che han chiesto loro di aiutarli a studiare.

L’ultimo giorno, prima di salire sul pullman o sulle auto per tornare a casa, veloce assemblea con le sedie a cerchio sotto il tiglio e quasi tutti hanno parlato di sé e dei giorni trascorsi.

Senza grandi parole, ma con gratitudine. Niente di che?

di Mario Triberti

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