Grazie Portofranco!

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Grazie Portofranco!

Ho iniziato Portofranco il mio primo anno di università, un po’ anche perché pensavo che spiegare ai ragazzi cose che avevo capito e che mi affascinavano era una cosa che mi piaceva e che poteva essere di aiuto a loro. Dai primi momenti però è stato chiaro che Portofranco non poteva essere solo un posto dove fare ripetizioni o dove esporre la mia lezione di un’ora sui moti rettilinei. Non poteva esserlo perché dopo dei pomeriggi passati a spiegare tornavo a casa deluso e scontento perché nessuno dei ragazzi aveva imparato qualcosa. Così ho cominciato ad andare per trovare qualcosa che aiutasse me nelle mie giornate e fatiche quotidiane.

Andare a Portofranco è sempre stata una fatica soprattutto nei momenti appena prima di partire quando bisognava concretamente decidere se passare il pomeriggio a Portofranco o trovare una scusa per non andare e avere un pomeriggio libero. Eppure ogni volta che tornavo da Portofranco mi scoprivo sempre rilanciato a vivere le mie giornate. Stare con quei ragazzi aiutava prima di tutto me, anche nel mio studio.

Con il covid ho smesso di andare. Le lezioni da remoto non riuscivo a farle, per cui ho smesso e quando si è tornati in presenza, mi sono accorto che tutto quello che avevo visto che Portofranco riusciva a darmi potevo trovarlo anche da altre parti (banalmente una serata tra amici). Per cui non avendo più motivi per andare e “buttare” un pomeriggio, ho smesso.

Due anni dopo ho ricominciato, senza nessun particolare motivo, se non l’invito incalzante dei miei amici. Ricominciando ad andare sono rimasto stupito da due cose in particolare: appena messo piede a Portofranco tutti mi hanno salutato e riconosciuto dopo due anni che non mi vedevano, e mi hanno accolto come se mi avessero aspettato per due anni; la seconda cosa che mi ha colpito è che poco dopo aver ricominciato parlando con uno dei volontari di Portofranco e dicendogli che in fondo io non avevo motivi per andare, lui mi ha risposto che andava perché era grato per quello che aveva ricevuto nella sua vita.

Ho ripensato alla mia di vita, e ripensandoci non ho potuto fare a meno di accorgermi che anche io sono grato per tutto quello che ho ricevuto. Così ho iniziato ad andare avendo in mente questo, cioè che nella mia vita ho ricevuto qualcosa per cui essere grato. Ho iniziato a fare il doppio turno (sono passato dal fare un pomeriggio ogni due settimane a un pomeriggio a settimana), e anche i momenti prima di andare si sono trasformati: non sentivo più di dover scegliere se andare o dover inventare una scusa, io volevo andare.

Questa gratitudine, non mi ha fermato neanche quando mi sono trovato con un ginocchio bloccato e le stampelle: di fronte a quel fatto avevo tutte le scusanti per non andare, ma ho scoperto in questa circostanza che a Portofranco c’è un ascensore e questo mi ha permesso di continuare ad andare anche con le stampelle.

Non mi sono fermato neanche quando ho iniziato la tesi continuando ad andare anche l’ultimo giorno, che è stato proprio il giorno dopo la laurea.

Io non so cosa ho portato a quei ragazzi, se hanno visto qualcosa di quella gratitudine per cui andavo o se sono riusciti anche solo a capire un po’ di più l’elettromagnetismo o la somma tra vettori, ma io sono contento di aver passato questi anni a Portofranco perché mi ha dato l’opportunità di accorgermi di ciò che ho ricevuto e anche perché mi hanno detto che andando a Portofranco uno impara ad amare.

Per tutta la gratitudine che ho nei confronti di Portofranco ho deciso di lasciargli una copia della mia tesi. Non perché qualcuno possa capirla o apprezzarla (in fondo è una tesi in fisica scritta in inglese), ma perché ho voluto lasciare un pezzo del mio lavoro di questi anni in un luogo che mi ha aiutato a portarlo avanti.

Grazie Portofranco!

di Andrea Riminucci