Portofranco Italia: il primo anno di San Marino.

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Portofranco Italia: il primo anno di San Marino.

Il primo anno di attività di Portofranco-San Marino è giunto alla conclusione e, anche se con ogni probabilità per alcuni dei ragazzi sarà necessario continuare a vedersi anche per qualche settimana durante l’estate, a noi volontari sembrava importante creare un’occasione per incontrare tutti coloro che sono stati coinvolti in questa grande avventura. Abbiamo perciò deciso di organizzare un momento di festa in cui parlarsi, mangiare e cantare insieme.

L’anno scolastico appena concluso ha visto crescere molto velocemente il numero dei ragazzi che si sono rivolti a Portofranco per un aiuto nello studio e, di conseguenza, è stato necessario trovare altri insegnanti, visto che il gruppetto dei volontari già attivi non era sufficiente per rispondere alle nuove richieste. Ognuno di noi ha cercato colleghi, in attività o in pensione, e ragazzi delle Superiori e ha chiesto loro collaborazione. Ciò che più ci ha stupito è stata la grande disponibilità che abbiamo incontrato. Per gran parte dei nuovi volontari  quella era la prima volta che sentivano parlare di Portofranco, ma questo non ha impedito loro di rispondere con una adesione spesso riconoscente alla nostra richiesta e di coinvolgersi pienamente

Nonostante la pioggia torrenziale e tanti impegni che non hanno consentito a tutti di partecipare, ci siamo ritrovati nel tardo pomeriggio del 4 giugno in settanta, fra ragazzi, famigliari e volontari, e abbiamo trascorso insieme alcune ore. Nella sua semplicità il gesto ci ha toccato profondamente perché si è creato un inaspettato clima di cordialità e amicizia, anche se per molti quella è stata la prima occasione di incontro.

In particolare siamo stati veramente colpiti dalle testimonianze di un genitore e di una insegnante e pensiamo che sia importante farle conoscere.

Luca, padre di Giulio

Queste è la nostra storia. Giulio frequenta la prima Liceo Scientifico nella Scuola Superiore di San Marino. L’anno per lui era iniziato male, in parte per le lacune didattiche create dalla pandemia, in parte per dei problemi interni alla nostra famiglia che dovevano trovare ancora soluzioni.

A dicembre al colloquio con gli insegnati ci è stato presentato un quadro non facile. Il consiglio è stato di cambiare indirizzo di studio. Con Giulio ci siamo interrogati sul da farsi. Lui ha deciso di difendere la sua scelta, e di provare a salvare l’anno. Gli piaceva la routine che si era costruito e voleva dimostrare a se stesso e agli altri di potercela fare. Prima ci siamo organizzati per seguirlo in famiglia, poi abbiamo iniziato a cercare un aiuto esterno. Non sapevamo bene cosa cercare, ma intuivamo che serviva qualcosa che avesse a che fare anche con l’aspetto relazionale, affettivo, amicale. All’inizio abbiamo trovato delle realtà multidisciplinari incentrate sugli aspetti formativi e non ci hanno convinto, poi la prof di latino e la mamma di un amico di Giulio ci hanno suggerito Portofranco. Abbiamo raccolto qualche informazione e abbiamo capito che si trattava di una realtà appartenente al mondo cattolico. Lì ci siamo posti un problema. Noi non siamo praticanti e Giulio a scuola è sempre stato sul binario laico. Pensavamo che si trattasse di un ambiente “non per noi”, una realtà chiusa. Abbiamo chiamato Ylenia, la responsabile,  un po’ preoccupati. Ma lei non ci ha chiesto nessun certificato, nessun passaporto e allora abbiamo capito che era una realtà “noi per tutti”. Ci siamo sentiti accolti.

Un’altra cosa che ci ha colpito è stato l’aspetto della gratuità. Oggi giorno c’è una disabitudine alla gratuità. Quasi una diffidenza. Sul web si dice che se qualcosa è gratuito significa che il prodotto sei tu. Il valore della gratuità lo abbiamo capito parlando un giorno con Pietro (il ragazzo di Terza Liceo Classico che segue Giulio), mentre lo accompagnavamo a casa. “Pietro, perché lo fai? Perché dedichi due ore alla settimana a qualcuno che nemmeno conosci? Per giunta abiti a Chiesanuova e ti devi fare un sacco di strada….” La risposta è stata: “Ciò che mi ripaga è il valore dell’esperienza”.

 La solidarietà umana, l’aiuto incondizionato è qualcosa che non si trova più da nessuna parte. Sopravvive solo nel mondo cattolico.

 Poi c’è “Casa Terenzi” (il luogo che la Giunta di Castello, una sorta di Consiglio Comunale, ci ha messo gratuitamente a disposizione). Io sono nato lì vicino. Mi ricordo quando a Casa Terenzi c’era la Casa del Castello e il bar. Poi per molti anni è rimasta in stato di abbandono. Quando venivo a portare o a prendere Giulio c’era sempre un via e vai di ragazzi impegnati in cose buone. Portofranco ha riportato Casa Terenzi a essere un luogo di rapporto. Una casa.

Un’altra cosa che ci è piaciuta è il richiamo alla scuola di Barbiana. L’aver rotto il rapporto asimmetrico fra studente e insegnante, il fatto che tutti siano studenti e insegnanti allo stesso tempo. Il modo diverso di trasmettere la voglia di imparare, la disponibilità a lavorare insieme agli altri. Ringraziamo tutti davvero tanto e in modo particolare Pietro. Io per carattere tendo a ingrigire le situazioni. Pietro invece è sempre stato positivo, ha rallegrato la prospettiva. Noi pensiamo che l’opera di Portofranco sia di grande valore sociale e  riesca a portare sollievo nella vita dei ragazzi e delle famiglie. A noi ne ha portato tanto. La bella notizia è che Giulio ha salvato l’anno (e forse non verrà neppure rimandato, ma siamo ancora in attesa della pagella).

Giulio ha deciso che non appena sarà più formato come studente si impegnerà a ricambiare quanto ha ricevuto.
Grazie a tutti

Maria Pia, insegnante di Tedesco

Devo fare una premessa, da settembre scorso ho lasciato la scuola e mi sono ritrovata catapultata in una realtà dove non c’erano più i ragazzi che con il loro sorriso mi trasmettevano entusiasmo.

Una cara amica mi ha parlato di Portofranco e io ho accettato la proposta di questa nuova esperienza. La mia vita da insegnante è ricominciata seguendo un nuovo percorso.

Il mio primo studente, proveniente dall’Ucraina, voleva conoscere alla perfezione la lingua italiana e il tedesco ed era pieno di entusiasmo. Erano anni che non mi succedeva di incontrare un ragazzo così motivato e desideroso di apprendere. Per me è stato davvero coinvolgente, poi ne sono arrivati altri che dovevo aiutare nella lingua che avevo sempre insegnato ,il tedesco.

L’incontro con questi ragazzi è stato diverso rispetto a quello che avveniva a scuola, soprattutto perché c’ero io e un solo studente, di conseguenza era più semplice stabilire un rapporto basato sulla fiducia, la comprensione, la vicinanza emotiva. Oltre alle nozioni che venivano impartite, era fondamentale per loro sentirsi rassicurati, incoraggiati.

Era importante l’aiuto che potevo dare, ma per me era mille volte tanto quello che loro davano a me. Quando tornavo a casa mi sentivo soddisfatta come un’insegnante alle prime armi e in un certo senso lo ero. Questa esperienza mi ha fatto crescere interiormente e spero sia stato lo stesso per i giovani che ho incontrato.

L’aspetto fondamentale è che ho compreso che mai come in questo momento i giovani hanno bisogno di sentirsi ascoltati, aiutati, capiti e non giudicati.

di Meris Monti

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